“Mamma, li turchi!” chi è nato e cresciuto al sud, chi ha una predisposizione all’ascolto degli anziani, chi oltre ad intasare Instagram con foto di borghi magnifici e panorami mozzafiato si è anche chiesto cosa spingesse i borghi di mare ad essere cintati e costellati da mura e torri di guardia, ha appreso che il mare è opportunità o minaccia, è commercio o invasione, denaro o violenza.
E l’Italia, penisola, quasi isola mancata, lo sa bene, la storia ha reso i porti ricchissimi e le coste vulnerabili.
In Calabria, Sicilia, Puglia lo sanno bene. Il grido “Mamma li turchi!” accomuna il sud estremo, quasi come se le gole delle vedette avessero urlato tutte all’unisono.
In questa sacca di ricordi tramandati dalla memoria popolare, però, non dobbiamo commettere il facile errore di estrarre solo violenza, che pure innegabilmente ci fu.
Abbiamo avuto molto, facile dirlo ora, ma è un dato di fatto incontrovertibile. Lo vediamo nelle cupole di molte chiese dei nostri borghi, che ci paiono insolentemente troppo orientali, ritorte, ricche di ori e tinte sgargianti. Lo scopriamo nel cibo, influenzato, mescolato, pensato come nostro senza intuirne le radici profonde, coi mieli e la frutta secca che sboccia copiosa nei nostri dolci.
Il culto cristiano spalla a spalla con le celebrazioni bizantine nelle chiese dei nostri paesi ha tanto da dire in proposito alla commistione forte che abbiamo con Bisanzio, o se preferite Costantinopoli, o (forse il nome meno usato ma il più latino) Nuova Roma.
Questi sono i nomi che chiamano un’unica città: Istanbul, così carica di storia da restarne sopraffatti.
Cosa fare allora, se dovessimo capitare in questa Babele di epoche e di dominazioni, in questa città vastissima che d’improvviso si stende a perdita d’occhio annegando il nostro sguardo?
Dove andare senza restare schiacciati dall’impossibilità di scegliere calibrando il tempo, magari poco, che abbiamo a disposizione.
Senza pentimento alcuno, dirigetevi al SULTANAHMET, in poco spazio da percorrere comodamente a piedi, troverete moltissimi dei luoghi storici di maggior interesse della città.
Sembra quasi un azzardo affermarlo, ma la zona del Sultanahmet è da considerare come il cuore storico della città. In questo punto nacque prima come Bisanzio, si estese sotto l’imperatore romano Costantino ed esplose nella grande vastità che ora è Istanbul. Sultanahmet è certo l’ideale per chi vuole esplorare la città ma ha poche ore a disposizione. L’intera area è patrimonio dell’umanità UNESCO.
Cominciate dalla MOSCHEA BLU, o Sultanahmet Camii, imponente e splendida. Se cercherete di comprendere le motivazioni del suo nome dall’esterno farete non poca difficoltà, perché il nome Moschea Blu prende spunto dallo straordinario impatto visivo delle 21.043 piastrelle di maiolica che ricoprono il fastoso interno.
Dall’esterno, invece, potrete subito notare un’altra particolarità di questo luogo di culto meraviglioso: i sei minareti.
Il numero è assolutamente inconsueto poiché di solito le moschee hanno da quattro a un minareto, ma la ragione di questa stranezza ha radici in un episodio ben preciso.
La costruzione della moschea parte nel 1609 per il volere del Sultano Ahmed I. Il suo desiderio di costruire un’opera imponente fu probabilmente supportato dal fatto che il suo valore in battaglia si dimostrò non alla altezza delle aspettative. Per questo motivo, a differenza dei sultani precedenti che costruirono moschee usando il proprio patrimonio, Ahmed I attinse direttamente dalle risorse della città, usando denaro pubblico. Potete ben comprendere che la grandezza che esigeva il sultano generò molte difficoltà finanziarie, e quando chiese che venissero eretti dei minareti ricoperti d’oro, architetti e politici di spicco tremarono come foglie nel fondato timore di finire completamente sul lastrico e trascinare nella miseria un popolo intero.
Ma il lampo di genio si palesò qui: in turco la parola “oro” è praticamente uguale al numero “sei” e fu più conveniente fingere di aver capito di dover costruire sei minareti piuttosto che minareti ricoperti d’oro.
La fila per entrare è sempre ben nutrita, ma si defluisce velocemente. Niente foto all’interno e donne a capo velato, ne vale la pena.
Lasciando la moschea ci si immette nel piccolo e delizioso ARASTA BAZAAR, nato come ricovero per carovane nel periodo ottomano. È il perfetto luogo per fare shopping tra spezie, tè deliziosi, tappeti e saponi profumatissimi. Se avete poco tempo, approfittate dell’opportunità, gli altri bazar, magari più grandi, sono troppo distanti e non dovete perdervi l’emozione di contrattare sui prezzi e acquistare l’immancabile monile “occhio di Allah”, un portafortuna da tenere sempre con noi finché non si rompe o danneggia, portando così a compimento la sua missione di protezione.
Nel vasto spazio che un tempo fu l’IPPODROMO, in grado di ospitare sulle sue gradinate migliaia di persone, si affacciano Cristianità e Islam, a rappresentare due epoche d’oro di Istanbul. L’intera area, di costruzione romana, chiamata anche Piazza dei Cavalli, era il centro di Costantinopoli e dei suoi giochi. Difficile immaginare lo splendore del tempo, le corse con le bighe, il fervore politico che trovava nella piazza la sua espressione naturale ma si ritrovano innumerevoli tracce di quella magnificenza.
Qui sorgono la COLONNA DI COSTANTINO, la COLONNA SERPENTINA che Costantino spostò da Delfi a Costantinopoli e l’OBELISCO DI TEODOSIO.
Non mancano neanche costruzioni moderne, come la FONTANA TEDESCA, portata in dono al sultano dell’epoca dall’Imperatore tedesco Guglielmo II nel 1898.
A ribadire i capovolgimenti religiosi e culturali di Istanbul dal dominio romano a quello ottomano, troviamo in quest’area l’imponente SANTA SOFIA, per lungo tempo cattedrale ortodossa, poi per poco cristiana e definitivamente convertita in moschea dal 400, sconsacrata nel 900 e ora divenuta museo. L’interno è impressionante e le raffigurazioni cristiane e islamiche che vi convivono meritano una visita. Lo stesso vale per la PICCOLA SANTA SOFIA, anch’essa chiesa bizantina trasformata in moschea al seguito della conquista ottomana.
PALAZZO TOPKAPI fu residenza dei sultani e centro politico dell’impero ottomano, è una costruzione straordinaria e incredibilmente vasta, che attraverso un sistema di portali diventava una sorta di setaccio per i visitatori a seconda della loro importanza e del contatto che era ammesso col sultano. La parte finale era naturalmente la residenza privata del sultano stesso e dei suoi familiari più stretti con una vista incantevole sul Corno d’Oro.
Chiamare questo luogo “palazzo” risulta da subito riduttivo, si tratta di una vera e propria cittadella che inglobava, coi suoi enormi quattro cortili, un numero impressionante di persone di diversa estrazione sociale. Le guide sono molto preparate e vi illustreranno il percorso con grande precisione, c’è veramente molto da sapere per avere anche solo una piccola idea di come il sultano si rapportasse con popolani e politici.
Superato l’ingresso, ovvero il Cancello Imperiale, nel Primo Cortile troverete la Zecca Imperiale Ottomana e la Chiesa bizantina di Santa Irene, mai trasformata in moschea.
Nel Secondo Cortile, al quale si accede tramite il Cancello di Mezzo, troverete l’ospedale, le cucine con le panetterie, i quartieri dei militari e il Consiglio, chiamato anche Diwan (divano) dove i visir si riunivano per gestire gli affari e prendere decisioni in merito al futuro economico del sultanato. Dal canto suo, il sultano osservava e seguiva le discussioni in un’area riservata alla sua sola presenza e collegata col Diwan.
Nel terzo cortile, al quale si accede tramite il Cancello della felicità, non oltrepassabile da nessuno senza autorizzazione, si entra in una dimensione via via sempre più privata, qui troviamo il gigantesco harem al quale si accede pagando un biglietto di supplemento, le residenze degli eunuchi, la Camera delle Udienze, la Tesoreria Imperiale e il Padiglione del Conquistatore, costruzione con appartamenti sfarzosi dalla spettacolare vista sul Bosforo.
Il quarto cortile era un giardino aperto che consentiva al sultano di godere della vista sul Bosforo su un grande baldacchino dorato.
Nella vostra visita ad Istanbul, seppur breve, concedetevi un buon tè turco, forte e ritemprante, magari accompagnato da un baklava. Ne scoprirete una varietà incredibile!
Al prossimo viaggio, Liz.
LaRicciaInCucina dice
Ma che bel post! Mi hai fatto venir voglia di prendere e partire!!!!
Chissà quanti colori e profumi :-).
Grazie per avermi fatto viaggiare un po’.
Le Tortine dice
Grazie cara! il mio intento è proprio questo, sono felice di averti fatta viaggiare! Dove andrai in vacanza, hai un posto preferito o cambi sempre?
Nadia Bruni dice
Bellissimo bellissimo bellissimo!!!!!
Descrizione perfetta
liz dice
Ci sei stata?