Dalle famiglie allo street food, un mito calabrese che inaugura le Feste in tavola
Mi fa sorridere certa intransigenza verso le ricette della tradizione, che spesso si acuisce se si tratta di ricette legate alle grandi Feste; poi mi fermo a pensare a quante volte sono stata io stessa intransigente, e all’improvviso le carte tornano a mescolarsi ancora.
Il mio iniziale sorridere si ferma al fatto che di una stessa ricetta, esistano decine di varianti che si snodano da paese a paese, da provincia a provincia o anche da famiglia a famiglia, quindi pare che allo stesso tempo ci sia una ricetta ufficiale che neghi la sua unicità nella pluralità delle varianti: un vero e proprio caso di primo Paradosso di Zenone applicato alla cucina!
Immagino che il buon cibo di tradizione sia così, una porta da aprire verso il filosofare, perché il buon gusto porta convivialità e scambio di pensieri, e se gli concediamo di andare a braccetto col buon vino, la strada è completamente in discesa.
Cullurialli, Cuddruriaddri, Grispeddi, Zippuli: che cos’è un nome?
Con l’apprestarsi delle festività natalizie, la prima e più importante ricetta calabrese a cui si deve fare riferimento è certo quella dei Cullurialli, le mitiche ciambelle fritte di pasta cresciuta con patate, nelle due varianti base in bianco e con acciughe. Le mie conoscenze più strette, però, fanno riferimento all’area del cosentino, Cosenza e la zona del medio Tirreno, dove già la tradizione sposta i tempi di consumo di questa pietanza mitica.
Nel medio Tirreno Calabrese, è consuetudine consumare i primi Cullurialli caldi a San Martino, 11 di Novembre, in accompagnamento al travaso del vino novello.
La natura comoda dei Cullurialli, che puoi mangiare in piedi, caldi caldi, tra una mescita e l’altra, li rendono il cibo ideale per la convivialità nelle cantine, nei vecchi garage, fuori dai portoni, ovunque ci sia unità tra persone che nel contempo restano attive; ecco perché sono anche un immortale pilastro dello street food invernale e naturalmente natalizio.
Si perché a Cosenza e nei paesi limitrofi il vero armageddon si presenta allo scoccare delle ore 21:00 della vigilia dell’Immacolata, il 7 dicembre.
Sì, perché nel caso di Cosenza e zone limitrofe, la doppia “L” di noi tirrenici si tramuta in un suono arrotato e palatale “DDR” con grande difesa di questo accento rispetto al precedente, indicando, di fatto, la medesima preparazione culinaria: ciambella fritta di impasto lievitato con patate lesse, in bianco con acciughe.
Spostandoci su, nei paesi di montagna, però, la ricetta perde spesso nell’impasto l’uso della patata lessa, e la circonferenza di una normale ciambellina può allargarsi tanto da doverla reggere con due mani, a questo punto tocca chiamarla Grispella o Crispella (ma i nomi avranno comunque molte più varianti di quelle che sto indicando).
Scendendo verso il sud più profondo, la forma può variare ulteriormente comprendendo anche un ripieno di olive o ‘nduja.
Come asseriva Giulietta Capuleti “Cosa c’è in un nome? Ciò che chiamiamo rosa anche con un altro nome conserverebbe il suo profumo” dunque tutti i nomi del Culluriallo conservano inalterata la sua prelibatezza.
Veniamo alla ricetta.
Ingredienti:
- 1 kg di farina 00
- 1 kg di patate silane lesse
- 1 uovo grande o 2 uova piccole
- 20 gr di lievito di birra fresco
- 150 ml di acqua tiepida
- sale
- acciughe per farcire
- olio per friggere (abbondante)
Lessate le patate, e quando saranno ben morbide sbucciatele e schiacciatele, attenti a non scottarvi perché le patate devono essere sbucciate ancora fumanti, non fredde.
Aggiungete sale, farina e uova facendo una fontana al centro della spianatoia. Sbattete leggermente le uova e cominciate a mescolare gli ingredienti, aggiungete l’acqua tiepida nella quale avrete disciolto il lievito di birra e proseguite ad ammassare l’impasto finché non sarà omogeneo e liscio.
Ora suddividete la massa in due parti e lavorando dei serpentoni d’impasto, ricavatene delle ciambelline che metterete a riposare in un luogo caldo avvolte da copertine di lana (qui abbiamo le copertine dedicate esclusivamente a questa importante fase). Le ciambelle dovranno lievitare fino al raddoppio.
Dal restante impasto ricaverete dei serpentoni che cospargete per la lunghezza di acciughe, come vedete in foto.
Pizzicate i lembi del serpentone per richiudere le acciughe al suo interno e ricavate anche qui delle ciambelline che lascerete lievitare al caldo.
Qui in famiglia è tradizione di buon auspicio preparare dei Cullurialli a forma di 8 e 9 per scacciare la sfortuna e poter passare feste serene e un inizio d’anno sotto una buona stella. La somma di 8 più 9 è infatti 17, numero sfortunato per antonomasia, che scisso (in 8 e 9 appunto) perde il suo influsso negativo.
8 e 9 fora malùacchiu
Naturalmente l’8 e il 9 saranno fritti e mangiati per primi, e chi ha la fortuna di avere un camino sfrutterà la fiamma del focolare per friggere i Cullurialli, vera e propria porta d’ingresso culinaria per le festività natalizie!
Se dovessero avanzare dei cullurialli senza acciuga, basta scaldarli in forno e cospargerli di zucchero e avremo una ciambella per la colazione davvero divina, molto simile ad una graffa napoletana.
A presto e Buone Feste!
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