Taralli dolci pasquali tipici di Calabria, Basilicata e Puglia ricoperti da una glassa speciale: il naspro.
SALTA ALLA RICETTAIl primo ricordo che ho dei Ginetti risale a quando ero bambina. Qualcuno, forse nonno, li portava in tavola al pomeriggio o dopo pranzo, ed era subito festa. Ricordo che era un’impresa morderli. Erano troppo grandi, e ad ogni morso, la glassa solida veniva via in pezzi, ed era più quella che cadeva a terra che quella che si riusciva a mangiare. Ma quando era in bocca, lo zucchero, fondente e setoso, si scioglieva in un attimo, e assieme al tarallo, dal gusto neutro e leggermente salato, era una bontà. Naturalmente i grandi tendevano a tagliare il Ginetto in pezzi per facilitarne il consumo, ma per me bambina il vero piacere era addentarlo intero. Una dolce sfida.
Nel periodo di Pasqua erano e sono tuttora, i dolci tipici che trovavi nei forni. In paese non c’era una pasticceria e ci si affidava a dolci da forno per festeggiare e continuare a portare aventi la tradizione culinaria locale.
I Ginetti sono dei dolci molto antichi, nati per preparare due ricette in una: quella dei taralli semplici e quelli dolci. Infatti, la caratteristica del tarallo da Ginetto è quella di essere neutro: solo uova, sale e farina. Va da sè che lo stesso impasto poteva essere usato per due scopi: il salato e il dolce, risparmiando così tempo prezioso e fatica.
Quest’anno ho voluto fare così, celebrare la tradizione, cercando il più possibile di recuperare quel sapore e quelle consistenze che ricordo così bene e che ho sempre amato. Sì, perchè il Ginetto, amato in passato, oggi è un pò messo in disparte dalla pasticceria più raffinata, e risultando un pò ostico (anche se per me non è così), viene preferito ad altri dolci pasquali.
In verità si tratta di un dolce prezioso che ha in sè molte consistenze interessanti. il tarallo è leggero, quasi soffiato, ma allo stesso tempo croccante, e il naspro è solido ma non duro, fondente e setoso, dal colore bianco pieno e perlato. Al contatto con la lingua si scioglie all’istante e sotto i denti cede gentilmente. Queste sono le caratteristiche che amo nei Ginetti e che ho trovato per proporveli.
Qualche trucco per ottenere i Ginetti perfetti. Con le accortezze giuste non sono affatto complicati.
Prima di preparare una ricetta tradizionale leggo molto e trovo sempre diverse versioni dello stesso dolce. Questo accade principalmente perchè i dolci della tradizione si somigliano all’interno della stessa regione, ma possono differenziarsi anche di parecchio tra paese e paese, ma anche da famiglia a famiglia, che tramanda le proprie varianti proprio perché è così che le ha apprese.
Possono esserci taralli che contengono zucchero e liquore già nell’impasto. Possono esserci dei Ginetti che non hanno forma di ciambella, come in alcune aree del cosentino, in cui hanno la forma di palline sempre avvolte nel naspro.
Anche lo stesso naspro, chiamato a volte gileppo, è presente in diverse ricette. Alcune contengono albume d’uovo, a mò di ghiaccia reale, e fanno somigliare la glassatura ad un sottile strato di meringa. Altre ricette, più semplici, prevedono solo zucchero a velo mescolato a succo di limone. In questi casi non si tratta di vero naspro. Il naspro nasce dallo zucchero che fonde in cottura con poca acqua e poi si raffredda con le fruste diventando fondente, liscio e setoso. E deve essere bianco candido, non lucido ma perlato. Quando viene utilizzato per coprire taralli, torte, pasticcini o biscotti, si scioglie a bagnomaria usando un liquido che gli dia un sapore: succo di limone, succo d’arancia, liquori come anice, Strega, Alchermes, che conferisco alla glassa anche una leggera colorazione.
Passiamo ai trucchi per i taralli.
Fallendo diverse volte ho compreso che quella dei Ginetti è la classica ricetta che fa “a occhio“, nel senso che è difficile dare un quantitativo di farina preciso, anzi impossibile. Le uova hanno sempre grandezze differenti e l’impasto finale deve avere una morbidezza simile a quella degli gnocchi, ma non deve appiccicare. Quindi è fondamentale che si aggiunga farina poco alla volta e che, semplicemente ci si fermi una volta ottenuta la giusta consistenza. Quel tantino di farina di troppo rischierebbe di rovinare tutto, e noi non lo vogliamo.
La temperatura del forno deve essere alta. Si pratica un taglio lungo la circonferenza dei Ginetti bolliti e quel taglio in forno si aprirà, facendo aumentare il volume e conferendo leggerezza ai taralli, che dopo la bollitura risulteranno gommosi e pesanti. Questo risultato si ottiene con le alte temperature, altrimenti il tarallo non gonfia e non diventa leggero.
Trucchi per il naspro (o gileppo).
Tutti dicono che fare il naspro è difficile, e questo potrebbe demoralizzarvi in partenza, facendovi desistere. Non è così. Basta saper descrivere i passaggi senza omettere nulla e riuscirete, come me al primo colpo. Ho letto molto sul naspro, comprese ricette complesse a base di glucosio.
No! Serve solo poca a acqua e tanto zucchero.
A questo proposito devo ringraziare Marilù e la sua infallibile ricetta, che mi ha fatto scoprire che i Ginetti sono tipici dolci di Pasqua anche in Puglia, dove si chiamano Taralli glassati, e il Naspro si chiama Scileppo. I taralli glassati sono tipici di Pasqua anche in Basilicata, fatemi sapere se ci sono differenze con la versione calabrese, poichè quella che vi propongo è esattamente quella che mangiavo da bambina.
É fondamentale che seguiate le istruzioni indicate nella ricetta qui sotto. Che non mescoliate lo zucchero in cottura, che controlliate la densità attendendo che la goccia faccia “il filo” dal cucchiaino e che, quando sciogliete il fondente per ricoprire i taralli, lo diluiate di modo che sia “velante”, cioè non troppo liquido e non troppo denso. Infine, in fase di copertura dovrete essere veloci, perchè il naspro solidifica molto in fretta.
Ginetti calabresi
Equipment
- 1 Ciotola capiente
- 1 spianatoia
- 1 pentola capiente
- 1 leccarda foderata con carta da forno
- 1 canovaccio
- 2 pentolini per bagnomaria
- 1 sbattitore elettrico
Ingredienti
Per i taralli:
- 3 uova
- 1 pizzico sale per ciascun uovo
Per il naspro:
- 500 gr zucchero semolato
- 2 tazzine da caffè acqua
- q.b. succo di limone
- qualche goccia liquore all'anice
Istruzioni
- In una ciotola capiente rompete le uova e sbattetele leggermente.
- Aggiungete tre pizzichi di sale (uno per ciascun uovo) e mescolate ancora.
- Aggiungete la farina poco alla volta (io la doso due cucchiai alla volta), mescolando con un cucchiaio, fino a raggiungere una consistenza dell'impasto che sia soffice ma non appiccicosa.
- Portate l'impasto su una spianatoia leggermente infarinata e lavoratelo con le mani fino a che non risulti liscio, ma sempre ben soffice.
- Dividete l'impasto in pezzi da 50 grammi e ricavatene dei salsicciotti. Unitene le estremità e otterrete degli anelli.
- Portate a bollore dell'acqua abbondante in una pentola e mettete a bollire i taralli, pochi per volta, a seconda della grandezza della pentola. Saranno cotti quando saliranno a galla.
- Mettete ad asciugare i taralli bolliti su una spianatoia coperta da un canovaccio pulito. Attendete che intiepidiscano.
- Una volta tiepidi, potete incidere i taralli lungo la circonferenza con un coltello affilato, praticando un taglio di uno o due centimetri di profondità.
- Accendete il forno a 230 gradi e infornate i taralli ben distanziati per trenta minuti. Dovranno avere la superficie ambrata e si apriranno lungo il taglio gonfiandosi. Se volete, potete girarli a metà cottura, facendo attenzione alla temperatura elevata del forno.
Per il naspro:
- Mettete in un pentolino due tazzine da caffè colme d'acqua.
- Aggiungete lo zucchero e portate a bollore con fiamma dolce, senza mai rimestare.
- Quando lo zucchero comincerà a schiumare, attendete 3 o 4 minuti.
- Immergete un cucchiaino e verificate se lo zucchero caldo "fa il filo", ovvero se l'ultima goccia, cadendo lascia una scia sulla punta del cucchiaino. In questo caso lo zucchero sarà pronto.
- Portate subito il pentolino dentro ad una pentola più grande con due o tre dita d'acqua fredda e stemperate il calore.
- Montate subito lo zucchero con le fruste elettriche. Mentre userete le fruste, si raffredderà e diventerà bianco.
- All'inizio avrà una consistenza cremosa, simile ad una meringa semi montata, ma dovrete proseguire ad usare le fruste fino a che non diventerà granuloso e più pastoso.
- In questa fare inizierà a staccarsi dalla pentola e le fruste faranno più fatica a muoversi.
- È il momento di trasferire lo zucchero su una spianatoia per lavorarlo a mano. Otterrete un panetto liscio e morbido, simile alla pasta di zucchero. A differenza di quest'ultima, però, non potrete stenderlo, ma dovrete usarlo sciogliendolo a bagnomaria.
- Fate a pezzetti lo zucchero fondente e scioglietelo a bagnomaria aggiungendo uno o due cucchiai di succo di limone e, se preferite, una o due gocce di liquore all'anice.
- Mescolate lo zucchero fino a scioglierlo, ma vi rendete conto che resta troppo pastoso, aggiungete dell'acqua (poca per volta) o altro succo di limone.
- Quando lo zucchero sarà liquido e velerà il cucchiaio che state usando per rimestarlo, dovrete tuffare, uno per volta, i taralli nel pentolino, rigirandoli molto in fretta.
- Di certo è l'operazione più difficile, richiede esperienza e velocità, perché dovrete far aderire il naspro attorno ai taralli, e subito toglierli dal pentolino, perchè il naspro asciuga molto in fretta.
- Lasciate solidificare e raffreddare la glassa e i vostri Ginetti di Pasqua sono pronti.
Qualche curiosità
In certi paesi della Calabria i Ginetti erano anche dolci tipici dei matrimoni, se ne preparavano in grandi quantità proprio come dolci da sponsale, e il loro biancore richiamava quello dell’abito della sposa.
Ad Aiello Calabro, paese dell’entroterra cosentino, troviamo persino la figura delle “mastre gileppare“, ovvero donne esperte di gileppo e glassatura, che passavano a sovrintendere la preparazione e l’annasprata, affinchè non ci fossero inconvenienti proprio nella fase finale del dolce, anche perchè all’epoca se ne preparavano davvero tanti in una sol colpo e niente doveva andare storto per non sprecare ingredienti e tempo.
Se cercate altre ricette pasquali:
Alla prossima ricetta, Liz.
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