di Elisa Ianni Palarchio ph. Jsaura Frisco (cinnamonlady.it)
Cos’hanno in comune gli uomini e gli uccelli? La migrazione, di certo è qualcosa che ci accomuna ad essi, una necessità umana quasi primordiale, che sta incisa e solcata nel nostro DNA forse da tempi antecedenti al sapiens sapiens. Sono diverse le ragioni che hanno spinto i popoli nei secoli a spostarsi, quasi a sradicarsi, non senza dolore o sacrificio: la guerra, le persecuzioni, la povertà, in genere uno stato di bisogno estremo ed esteso.
Circa 500 anni fa l’Albania e una meno vasta parte dell’Epiro vivono una diaspora, causata da una feroce e reiterata invasione dei turchi, che porta in Italia circa 100.000 persone, la maggior parte delle quali si stanzieranno a sud, in particolare in Calabria, nella provincia di Cosenza. Questo popolo tenace e culturalmente sempre vivo, ha preservato la sua lingua primigenia fino ad oggi, talmente bene che attualmente neppure l’albanese parlato a Tirana o in altre città è così puro.
È grazie all’incontro tra questa tenacia e una regione che ha avuto rispetto per le tradizioni di un popolo straniero, anche se lontano dalle sue radici, che nascono gli arbereshe: gli albanesi d’Italia.
Le località arbereshe, popolate da persone in grado di comprendere, parlare e scrivere la lingua sono 50, di cui ben 33 in Calabria in particolare nella provincia di Cosenza.
Gli albanesi, al loro arrivo nel sud Italia, spesso ripopolarono insediamenti abbandonati, ricostruendo la propria vita, sovente fatta di pastorizia e lavoro di campagna, il più possibile simile nelle abitudini e nei luoghi, a quella vissuta in madrepatria; e, quasi a volersi proteggere da una nuova e imminente invasione, tutti i paesi scelti come nuovi insediamenti, si trovano in alta collina, offrendo la possibilità di rivolgersi verso lo Jonio, che in parte all’orizzonte si scorge, dall’alto. Nostalgia e protezione, un cordone ombelicale invisibile e vivo ancora oggi.
Civita non fa eccezione. Sorge infatti, nella Riserva Naturale Gole del Raganello, nel cuore del Parco Nazionale del Pollino. Sdraiata su un costone di roccia, ha la pelle di pietra e saluta i viaggiatori attraverso i sorrisi degli abitanti, divertiti dall’attenzione che suscita il luogo e la natura spigolosa che lo circonda. Dalla piazza del paese, dove sorge il Municipio, si diramano stradine secondarie che nascondono tesori antichi, non fatti di opulenza e barocchismi, ma che ci rimandano ad una vita rurale più simile a quella dei nostri nonni, dei nostri padri lontani, in quelle foto ingiallite, mentre indossano gli abiti migliori, che erano ancora poco, quando il sorriso nei ritratti non si considerava una cosa naturale.
Già in piazza, dicevo, potete trovare il Museo Etnico Arbereshe, che custodisce gelosamente molte tracce storiche riferite alla vita quotidiana a Civita, nonché i suoi ricchi costumi tipici, fondamentali per tenere accesa la fiamma della tradizione e vanto per le specificità sartoriali, che i civitesi, soprattutto le donne, sfoggiano in occasione di cerimonie religiose, intrecciate ad avvenimenti storici.
Imperdibili sono le Valjie, che hanno luogo nel martedì successivo a Pasqua, in cui donne e uomini in abito tradizionale intonano in cerchio canti e balli che rappresentano le gesta eroiche del condottiero protettore degli albanesi: Giorgio Castriota Skanderberg.
Addentrandoci tra le vie del paese, alcune larghe a spalancarsi di fronte a pareti rocciose imponenti e strapiombi con dislivelli difficili da descrivere, alcune strette e tortuose fatte per sbirciale da piccole finestre, mentre cani a gatti fanno da sentinelle alle porte, possiamo trovare le case Kodra.
Stefania Emmanuele, sociologa, giornalista e civitese, racconta di averle “scoperte” per caso, eppure erano lì da almeno un paio di secoli! Le “case con la faccia”, quelle che non è chiaro se tu stia guardando loro, o se loro stiano guardando te. Con uno stupore quasi letterario, che porta alla mente un qualche villaggio antropomorfo descritto da Talkien o un episodio di Alice nel paese delle meraviglie di Carroll, sono lì davanti a te. I nostri occhi non sono forse finestre sul mondo? Il nostro naso, sede del respiro, non è forse simile alla canna fumaria di un camino? La nostra bocca, che sempre si spalanca e chiude per accogliere e custodire cibo e far uscire suoni e parole, non è forse una porta, senza la quale noi saremmo chiusi, serrati nei nostri corpi?
Case Kodra in omaggio ad Ibrahim Kodra, pittore albanese post-cubista di fama mondiale, che arrivò a Civita negli anni 90 e ritrasse alcuni scorci del paese, le case e i suoi comignoli particolari, altra attrazione che i viaggiatori non possono perdere.
Attorno alla bellezza antica delle case Kodra, che si ha il privilegio di poter visitare anche internamente, c’è anche la bellezza di una comunità forse non numerosa, ma attiva e attenta, orgogliosa e sorridente, che affronta il non facile compito di essere presente, di trovare continuamente stimoli e motivazioni, proporsi ai viaggiatori accogliendo e raccontandosi.
Troverete spesso foto di Zio Antonio sui gradini della casa con gli occhi di merletto, la sua missione è quella di rappresentare Civita, e investito da questa responsabilità, incastonato in una cartolina rurale vivente, si mette in posa con orgoglio, indossa sempre una camicia blu e sorride agli scatti. È importante saperlo riconsegnato a nuova vita grazie al turismo responsabile, di radice emozionale, quello che si occupa anche del lato umano della scoperta.
Ma Civita è anche l’imponente bellezza delle Gole del Raganello, la profondità del suo canyon, la camminata verso il basso attraversando il Ponte del Diavolo (chiamato così poiché unisce due punti con un avvallamento molto profondo), il rafting lungo il fiume. Ma anche le pareti rocciose circostanti, vertiginose, dai colori cangianti a seconda del sole, una gigantesca cassa di risonanza per tutti rumori della valle.
Le camminate che Civita offre ai viaggiatori sono diversa difficoltà, ci sono percorsi semplici, alla portata di tutti, e percorsi per amanti del trekking con media e alta esperienza.
Ho avuto il privilegio di cimentarmi con Jsaura lungo un percorso che si è snodato per tutta l’estrema dorsale del Raganello, passando attraverso il Cammino Mater Chiesa e inerpicandomi su un sentiero più accidentato e roccioso, tra alberi di perastro (pero selvatico) e ulivo selvatico. Ho fatto esperienza di panorami mozzafiato, tra rocce insidiose e cespugli di erba medica spontanea, ho riempito di stupore i miei occhi e ho con felicità superato i miei limiti.
Pernottare a Civita è una delle esperienze più belle che possiate vivere: innanzitutto i suoi 7 b&b, (Il Comignolo di Sofia, La Magara, La Stella, La Sentinella, Le Terrazze, Il Belvedere & La Ginestra, Dahna) si distinguono per la cura eccellente che hanno per gli ospiti, le camere impeccabili e ben arredate, ma soprattutto le colazioni, un tripudio di dolci fatti in casa, marmellate e spuntini salati.
La gastronomia è dunque un altro fiore all’occhiello di Civita, in particolare la produzione di mandorle e ottimo vino.
I ristoranti in paese sono tutti di ottima qualità e valorizzano costantemente le tipicità civitesi, dandoci il privilegio di assaggiare gran parte del meglio proveniente dalla tradizione gastronomica locale.
In foto trovate due formati arbereshe di pasta fatta in casa: la Dromsa e la Striglia.
La Dromsa (Dromesat) è composta da briciole di farina inumidita da gocce d’acqua che vengono fatte cadere attraverso un mazzetto di origano con un gesto veloce, simile ad un piccolo scossone. Le gocce devono essere piccole, il mazzetto non deve grondare, perché da ogni singola goccia di formerà un grumo d’impasto che deve essere davvero molto piccolo, come vedete in foto. La Dromsa deve cuocere direttamente nella salsa di pomodoro condita con origano, per pochi istanti.
La Striglia (Shetridhlat) è invece un maccherone lungo come un serpentone, che deve allungarsi senza spezzarsi. Ci vuole una grande manualità per prepararlo! La striglia viene poi spezzata solo al momento di essere cotta, e si serve generalmente coi legumi, ci è stata proposta con fagioli cannellini conditi con aglio e peperoncino secco dolce.
Abbiamo assistito di persona alla preparazione di queste paste straordinarie direttamente dalle mani di Anna Stratigò, maestra pastaia, ambasciatrice d’Arberia ed etnomusicologa.
Indirizzi utili per alloggiare negli splendidi b&b di Civita:
Il Comignolo di Sofia, La Magara, La Stella, La Sentinella, Le Terrazze, Il Belvedere & La Ginestra, Daphna
Cucina civitese a pranzo e cena:
L’Oste d’Arberia, L’Antico Ulivo
Le mandorle di Civita:
Azienda agricola Carlomagno
Il vino:
Azienda agricola Carlomagno (provate il vino bianco alla mandorla!), Azienda agricola Cerchiara
Per gli amanti del trekking e delle camminate, consultate:
Camminate civitesi – itinerari illustrati tra natura e cultura, di Stefania Emmanuele
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