Un classico della Pasquetta in Calabria, preparato con l’immancabile “risimoglia”
Il menù della perfetta scampagnata e l’importanza di un grande amico: il vino con la gazzosa
La Pasqua inaugura il periodo delle gite fuori porta e la campagna diventa cornice ideale per ritrovare il piacere di stare a contatto con la natura. In gruppo, in famiglia, con gli amici, ci si sposta per vivere l’aria aperta, sperando d’incontrare il favore del meteo, che notoriamente non fa sconti e regala cieli grigi e minacce di pioggia proprio a Pasquetta.
Impavidi, abbiamo sempre trovato riparo in casolari limitrofi, scelti con cura in virtù di un piano b da tenere sempre attivo. Quello che non è mai mancato, soprattutto se si è in tanti, è il vino casereccio a fiumi, non troppo sofisticato affiancato ad altro sempre casereccio, ma di peggiore fattura, che “spunta” leggermente.
Il vino che “spunta” è un vino aspro, dal vago retrogusto di aceto, perfetto da mescere con la gazzosa. É un vino che ti vuole bene, un amico che affianca l’ubriacatura allegra da scampagnata, quella che ti fa cantare e imbracciare la chitarra anche se non sai suonare. È il vino della spensieratezza, ma anche delle cantinacce, ecco perchè chiede la gazzosa, compagna fedele, nella mescita in bicchieri di plastica (per fortuna ora di carta!). A me basta un bicchiere per raggiungere un’euforia discreta lunga un paio d’ore.
Il cibo da scampagnata è pratico, secco, senza brodi, salse liquide o intingoli che richiedano di possedere un piano stabile e dritto. É composto da salumi caserecci di pregevole sapore: salsiccia stagionata, sopressata “con la lacrima” al centro della fetta, ‘nduja da spalmare sul pane, tanto pane, acciughe sotto sale e sott’olio, giardiniera di casa, olive nei sapori e nei modi meravigliosi in cui noi calabresi sappiamo conservarle e conciarle. Formaggi di ogni tipo, prevalentemente stagionati o semi stagionati: pecorini, caciocavalli e provole, che richiedono un buon coltellaccio e un tagliere, ma che non sporcano nè bagnano di latte le superfici, i vestiti, e nel trasporto non creano danni ad altro cibo.
I più attrezzati preparano un barbecue per la carne, ma se si predilige il movimento e la dinamicità, o semplicemente si è anche in due, entrano in scena i panini con frittata o con le cotolette, e le protagoniste per eccellenza: le pizze rustiche e i tortani ripieni.
Cicoli, ciccioli, curcùci (nel reggino), scarafuagli (nel cosentino). Nel basso tirreno cosentino e nel catanzarese si chiama “risimoglia”, io la chiamo così.
Si tratta di scarti di maiale con piccoli quantitativi di carne e grasso, fatti bollire diverse ore in un calderone, a quadàra, con acqua salata finchè non perdono struttura e diventano come una crema spalmabile, anche se leggermente più soda. I pezzi di carne e cartilagine più grandi vengono tolti e il fondo che si deposita nel calderone diventa risimoglia.
La risimoglia è un ingrediente antico, legato al rito dell’uccisione del maiale e all’utilizzo di ogni parte dell’animale. In Calabria la produzione in proprio di salumi, risimoglia, sanguinaccio, sta sparendo. In molti, nelle campagne si impegnano a tenere viva la tradizione, ma è un’operazione che richiede molat sapienza ed esperienza, ecco perchè un tempo uccidere un maiale per ricavarne scorte annuali era un affare di quartiere e di vicinato. Le famiglie e i vicini si riunivano molto presto al mattino e cominciavano il lavoro. Era un evento che rispettava gerarchie di sesso e d’età: uomini e donne, anziani, adulti e bambini avevano ruoli prestabiliti e operavano in perfetta coordinazione. Quando il lavoro era completato, ci si metteva d’accordo per aiutare altri vicini o famiglie a fare lo stesso e dopo qualche tempo era uso scambiarsi i salumi per comparare la rispettiva riuscita.
La risimoglia ottenuta dalla bollitura degli scarti veniva conservata in vasi alti e stretti, ricoperti da uno strato di grasso puro per poterla conservare nel tempo, ed era l’ingrediente principe di pizze rustiche, torte rustiche e tortani ripieni al posto della sugna pura. Il ripieno di queste pietanze rustiche variava da zona a zona, dalle mie parti era costituito da salsiccia stagionata, caciocavallo e uova sode a pezzetti. Veniva inoltre consumata semplicemente sul pane caldo, o usata al posto dell’olio per fare l’uovo fritto.
Il sapore è davvero antico, se hai mai partecipato ai lavori della carne di maiale, in campagna, avrai certamente fatto esperienza di odori e sapori intensi, di pepe e peperoncino, vino, sale mischiati all’odore della carne. Non si tratta solo di grasso, ma anche di minuscole quantità di carne, che amalgamate e disciolte negli impasti, regalano non solo morbidezza, ma anche un sapore inconfondibile di ricetta d’altri tempi.
Ho cercato di replicare quel sapore, col quale molti bambini della mia generazione sono cresciuti e ancora qualcuno ha la fortuna di assaggiare. La differenza tra pizze, torte rustiche e il tortano (chiamato anche “pane chjinu“), sta nell’impasto. Nelle prime due sono presenti le uova, nel tortano l’impasto è quello del pane, quindi senza uova.
Torta rustica calabrese
Equipment
- 2 teglie da ciambella da 20 cm di diametro
Ingredienti
- 800 gr farina 0
- 200 gr "risimoglia" (cicoli) intiepidita
- 1 cucchiaino zucchero raso
- 4 uova intere e fresche
- 20 gr lievito di birra fresco
- 250 ml di latte intero tiepido
- 15 gr sale fino
- 200 gr caciocavallo silano cubettato
- 200 gr salsisccia stagionata casereccia cubettata
- 3 uova sode e sbriciolate (opzionale ma consigliato)
Istruzioni
- Su una spianatoia disponi la farina a fontana cui avrai aggiunto zucchero e sale. Prosegui aggiungendo le uova, leggermente sbattute.
- Sciogli il lievito nel latte tiepido, a temperatura corporea, e scalda la risimoglia in un pentolino, intiepidendola. Questo la farà ammorbidire e sarà più facile incorporarla all'impasto in maniera omogenea. Impasta aggiungendo il lievito sciolto nel latte poco alla volta e la risimoglia.
- Quando l'impasto sarà diventato omogeneo, ma sempre molto morbido al tatto, pratica un incavo al centro e aggiungi la salsiccia e il caciocavallo silano a cubetti. Aggiungi anche l'uovo sodo, qualora avessi scelto di inserirlo. Impasta nuovamente per distribuire bene la farcitura.
- Quando gli ingredienti saranno ben amalgamati, dai all'impasto una leggera pirlatura e mettilo in un contenitore ampio a lievitare fino al raddoppio. Io di solito avvolgo la ciotola da lievitazione in una copertina e metto letteralmente l'impasto a letto.
- Dopo un paio d'ore l'impasto sarà cresciuto, gonfio e soffice. Ma ricorda che è un tempo variabile e relativo alle temperature della tua casa, alla freschezza del lievito, al tepore che riesci a ricreare per la lievitazione. Quindi non temere se ci vorrà di più rispetto a quanto ho riportato nella scheda.
- Dividi l'impasto in due parti a cui darai la forma di due salsicciotti. Ungi e infarina due teglie da ciambella e metti i salsicciotti nelle teglie. Fai raddoppiare ancora il volume dell'impasto.
- Ora scalda il forno a 180 gradi e cuoci per circa 50/60 minuti. Lasciate intiepidire l'impasto prima di estrarlo dalle teglie.
Note
La torta rustica calabrese è pronta! Io ne ho realizzato due piccole, ma puoi scegliere di farne una sola molto grande, a seconda delle tue esigenze.
É un rustico popolarissimo nella cucina tradizionale calabrese, quasi un dovere a Pasquetta ma gettonato per tutte le scampagnate per gusto e praticità, anche se un buon calabrese che si rispetti, non si fa intimorire dal trasporto e infila nelle ceste da picnic teglie di parmigiana o melanzane ripiene a gogo, in barba a tutte le possibili macchie di unto su tovaglie e vestiti.
Buona scampagnata e alla prossima ricetta! Liz.
Nadia dice
Quello che cercavo… appetitosissima!!!!!
Le Tortine dice
Grazie!